Per un anno, da maggio 2014, i ricercatori del progetto Mapping San Siro del Politecnico di Milano saranno nel nostro quartiere per svolgere la loro attività di ricerca in urbanistica qui, sul campo. Per conoscerli meglio, abbiamo intervistato Elena Maranghi, dottoranda in urbanistica presso l’Università di Roma La Sapienza, che lavora nel progetto dalla prima fase ed ha contribuito alla realizzazione dell’indagine alla base del “REPORT Workshop Mapping San Siro”, un documento prezioso per chi vuole comprendere meglio il quartiere, documentarsi sulle realtà locali e apprezzare una metodologia di comunicazione innovativa ed immediata… delle mappe, molto più che geografiche (volete leggerlo? È diponibile qui: http://issuu.com/beatricedecarli/docs/wms_report?e=2340921%2F2172719).
Elena, raccontami del progetto Mapping San Siro…
Il progetto nasce in occasione di un workshop che si è svolto tra febbraio ed aprile 2013, in diverse fasi. Francesca Cognetti e Beatrice De Carli, docenti del dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano, hanno riunito un gruppo eterogeneo: professori, dottorandi, studenti dei vari anni dei corsi di laurea in architettura e pianificazione o sociologia. In urbanistica alcuni approfondiscono l’aspetto socio-antropologico, altri il design e l’architettura, le competenze sono quindi variegate. Concluso il workshop un gruppo più ristretto ha deciso di continuare. L’esperienza ci era piaciuta molto perchè durante il percorso universitario non si ha la percezione di uscire sul territorio. E’ bello che l’università si interroghi sul proprio ruolo. In pianificazione esiste già il momento del sopralluogo, ma questo progetto aveva continuità diversa e un maggiore coinvolgimento dei soggetti locali. Oggi il gruppo ha competenze variabili ed è composto da volontari. Per i docenti è parte del lavoro accademico ma naturalmente impiegano anche tempo extra. Da qualche tempo ci sono anche dei tirocinanti e adesso siamo circa una ventina.
Che percezione hanno gli abitanti di San Siro del vostro progetto?
Grazie alle relazioni instaurate dalla prof. Francesca Cognetti nella prima fase del progetto c’è buona risposta dei delle associazioni e dei soggetti locali. C’è la percezione che vogliamo dare un contributo al quartiere: cerchiamo di capire cosa può essere utile a queste realtà, restituire comunicandola al pubblico e agli enti locali la loro lettura del territorio. Ci stiamo interrogando molto su come dar seguito a queste relazioni, anche in virtù dello spazio che ci è stato assegnato in via Abbiati 4, lo Spazio “30metriquadri”. Invece i passanti non hanno ancora capito cosa facciamo. In effetti noi non abbiamo un “mandato” esterno. Si tratta di un progetto di ricerca il quale ha deciso di non restare nell’università ma di andare sul campo. Questo è un momento di passaggio perchè con lo stare nel quartiere il tutto assume un carattere particolare: dobbiamo capire come raccontarci e impostare il nostro percorso anche sulla base degli spunti che riceviamo dal territorio. La prossima settimana ci vediamo proprio per definire che tipo di proposta fare e organizzare le attività. Per essere aggiornati… c’è la pagina Facebook del Mapping San Siro http://it-it.facebook.com/pages/Mapping-San-Siro/524452537577384.
Avete rapporti con le persone che avete intervistato durante la creazione del Report Mapping San Siro?
Le interviste nelle case alle persone saranno state 4 o 5, gli altri erano incontri pubblici, più strutturati. E’ il gruppo che ha fatto la raccolta fotografica che è entrato in contatto in modo più intimo con le persone perchè l’attività presupponeva di entrare nelle case. Credo che loro possano aver mantenuto rapporti a livello più personale. Le persone coinvolte sono state invitate alla presentazione del report. Da allora non ci sono state altre occasioni ma sicuramente ci saranno in futuro altri incontri con i cittadini.
Cosa fa un urbanista? Cosa fa di diverso un urbanista che lavora nel Laboratorio Mapping San Siro?
Un urbanista in Italia… beh, purtroppo non lavora tanto! In Italia le facoltà di urbanistica sono poche e molto legate ad Architettura. Sono molto orientate allo studio dello spazio e lavorano ancora poco su tutte le altre dimensioni. Generalmente l’urbanista lavora nella pubblica amministrazione; ci sono organizzazioni private che fanno pianificazione urbana, a Milano più che a Roma; alcuni fanno ricerca all’università. Cosa fa di diverso un urbanista nel Laboratorio Mapping San Siro? Lavora più sulla relazione nel territorio. L’urbanistica non viene molto apprezzata, non ci sono tante persone che vogliono studiare urbanistica, perchè viene associata alla burocrazia, alla normativa per la regolamentazione del suolo. Non è solo questo e in questo senso forse quello che facciamo è descritto meglio dal termine “pianificazione urbana”. Non si tratta solo di mappare l’elemento architettonico in base al suo uso (teorico), ma di capire come sono frammentati gli usi reali e quali relazioni prendono corpo nel quartiere: ci vuole esperienza diretta non un’osservazione dall’alto.
Che idea ti sei fatta di San Siro?
Ha moltissime realtà associative, molte persone attive, ma è abbandonato dal punto di vista dell’edilizia e dell’amministrazione pubblica. Le persone vivono una sorta di lotta quotidiana. Tante problematiche e conflittualità nascono dal fatto che non c’è una presa di responsabilità, manca un progetto di azione nei confronti di un quartiere di edilizia pubblica. Si sente anche la mancanza di ascolto. La reazione più spontanea delle persone con cui abbiamo lavorato è di raccontare i loro problemi e disagi, proprio perchè solitamente si sentono poco ascoltate.
Quali sono le associazioni che ti hanno più colpito per il loro contributo al quartiere?
La cooperativa “Tutti insieme”, che ci ha anche ospitati nel suo spazio in via Micene. Sono impegnati in un progetto di coesione sociale finanziato da Cariplo, si chiama Progetto Porto, lavorano con i minori. Fanno un bel lavoro con i ragazzi e con gli stranieri. Per esempio propongono un percorso di coesione sociale, termine vago e intangibile a cui però loro sanno dare corpo in manera intelligente. Anche voi di Alfabeti fate un lavoro importante con la scuola di italiano, è fondamentale per le persone arrivate da poco e che avrebbero difficoltà ad imparare la lingua. C’è “Mamme a scuola”, un gruppo che lavora nella scuola elementare Cadorna di via Dolci: fanno corsi di italiano per le mamme. Su via Micene c’è il Doposcuola Tuttimondi per i bambini, molti sono bambini stranieri che hanno bisogno di essere aiutati con i compiti: i genitori, visto l’ostacolo della lingua, possono avere più difficoltà ad accompagnarli nello studio.
http://www.cooptuttinsieme.it/
https://www.facebook.com/tuttimondi.doposcuola
Le associazioni del quartiere sono collegate fra loro?
Il Laboratorio di quartiere prova a mettere insieme le varie realtà. Comunque non sempre le associazioni svolgono servizi fruiti esclusivamente da abitanti del quartiere, ad esempio Alfabeti ha studenti che vengono anche da altre zone, quindi in questo senso non si può parlare di una rete di servizi complementari rivolti al quartiere e in qualche modo coordinati dal Laboratorio, sono realtà autonome che in alcuni casi collaborano. Anche la scuola fa da catalizzatore, organizzando eventi ai quali invita le altre associazioni.
Il progetto si chiama Mapping San Siro. Cosa sono le mappe?
Il workshop nasceva proprio dall’esigenza di scardinare l’uso tradizionale della mappa come strumento di semplificazione della realtà. L’obiettivo è usare la mappa anche per restituire complessità. Abbiamo una collaborazione con un dipartimento della UCL, università di Londra, che si occupa di mappature critiche, ovvero usa la mappa come strumento di interazione sociale e di restituzione di più livelli di rappresentazione. La scommessa era di provare anche noi a lavorare su questo strumento. E’ una cosa su cui si procede per tentativi: scelta la realtà da indagare devi integrare vari punti di vista: qual è il modo tradizionale di rappresentarla? come invece la rappresentano i soggetti sul territorio? Mescoli aspetti qualitativi e quantitativi… Si procede molto in base al fenomeno da rappresentare.
Ora per esempio il gruppo di lavoro è sostanzialmente diviso in due parti. Uno si sta occupando degli spazi del quartiere: gli spazi vuoti, quelli intermedi non residenziali, i cortili. Un altro, di cui faccio parte, sta lavorando sulla casa: l’assegnato, il venduto, le storie degli abitanti… La casa va intesa nel quadro più esteso dell’abitare: le relazioni dell’abitante con la casa stessa, il territorio, i vicini. Per questo stiamo raccogliento delle interviste, come quella che sto per fare a te…