Guerre, dittature, carestie, disastri naturali, malattie mortali, ma anche l’esodo di milioni di persone in fuga da morte e povertà e l’Occidente ricco che si approfitta dei Paesi poveri. Sono i temi terribili ritratti da James Nachtwey, fotografo americano oggi settantenne, ed esposti nella mostra Memoria, a Palazzo Reale a Milano fino al 4 marzo. Tutti questi argomenti potrebbero essere definiti “le disgrazie del mondo” ma la grande forza dell’l’obiettivo di Nachtwey, che non a caso si è meritato la definizione di erede di Robert Capa, sta nel non sottintendere nessun commento alle tragedie che racconta, e, soprattutto, nel non compatire l’oggetto del suo lavoro, ma semplicemente, documentarlo. Eppure, il suo punto di vista è presente ed è di grande impatto: è la magia delle immagini che esplodono sotto gli occhi dello spettatore attraverso i colori e le ombre: così, che siano state scattate durante la guerra in Yugoslavia o durante l’attacco alle Torri Gemelle di New York, le sue fotografie appaiono come struggenti dipinti, composizioni di corpi e sfumature come nella bellissima foto di “Una madre accudisce il figlio malato di epatite E in un ospedale nel Darfur”.
I contesti in cui sono state scattate le fotografie sono raccontati attraverso un’audioguida fornita ad ogni visitatore, permettendo, così, a tutti di comprendere la cornice degli eventi in cui Nachtwey ha lavorato. La guerra civile in Bosnia o in Somalia, l’apartheid in Sud Africa, il regime di Ceausescu in Romania e le guerre in Iraq, Vietnam e Afghanistan, sono raccolti in un unico luogo. Gli scatti di Nachtwey sono esaltati da un’ottima illuminazione. Le immagini appaiono luminose e radianti, cicondate da una semioscurità nella quale è avvolto il visitatore. Ci si sente osservatori nscascosti e invisibili agli occhi dei soggetti. Ci si sente impotenti ed anche distanti, al sicuro. Da questa sensazione si comprende la grandezza del fotografo, che nei luoghi della sofferenza era immerso in prima persona, con tutti i rischi che implica un territorio in conflitto o un paese sotto regime. Nachtwey documenta la realtà, dà luce agli eventi che spesso sono nascosti, creando un memoria che non lascia spazio a giochi interpretativi.
Di Alessandro Bertoli e Sara Pupillo