Francesca Giannoccaro da ottobre è la nuova vicepresidente di Alfabeti (e proprio nel Consiglio direttivo rappresenta la Scuola Donne insieme ad Adriana Vercesi) e ora le volontarie della Scuola Donne hanno deciso di nominarla anche nuova responsabile e coordinatrice della Scuola Donne al posto di Nadia De Mond).
Volontaria nell’Associazione dal 2017, vi si è buttata subito con molta energia. «Qui – racconta – ho trovato la sintesi perfetta alla mia voglia d’impegnarmi dopo la fine della carriera attiva: perché m’interessava lavorare con i migranti e in mezzo alle donne. E anche perché i bambini mi piacciono moltissimo».
Francesca, che cosa facevi prima?
«Ho lavorato tanto per il mercato, nelle aziende private, arrivando alla carica di direttore commerciale. Sono stati 42 anni di grande fatica e di grandi soddisfazioni: il contatto continuo con le persone, molti viaggi. Contemporaneamente, mi occupavo della famiglia senza un aiuto esterno: ho due figli che adesso sono fuori casa. Quando sono andata in pensione ho capito subito che volevo dedicarmi al volontariato. E tutto ha ritrovato un senso. Perché nasco proprio come assistente sociale».
Dicevi: le donne, i migranti, i bambini. Come hai trovato il denominatore comune?
«Conoscendo in palestra Nadia De Mond, la precedente responsabile della Scuola Donne, che mi ha parlato di Alfabeti. Il mio primo incarico è stato quello di babysitter per i figli delle allieve. Poi, affiancata da un’insegnante senior, sono entrata in una bellissima classe A1, molto eterogenea, composta da alunne di Paesi molto differenti. Mi sono appassionata subito, anche perché è entrata in gioco l’identificazione con le alunne».
In che senso?
«Ho pensato ai miei genitori, arrivati a Milano negli Anni 50 dalla Puglia. Tenendo conto del momento storico, con un percorso non tanto diverso da quello delle donne che frequentano la nostra scuola. È stato come tornare alle origini. Ho capito ancora meglio che ciascuno di noi ha diritto di mettere le proprie radici dove vuole. E che tutti abbiamo il dovere di lasciare spazio alle radici degli altri»
Qual è il primo compito che ti sei prefissata?
«La nostra missione, lasciami usare questa parola, è quella di fare il possibile per far sentire le nostre allieve accolte, integrate, e per dar loro una possibilità: sono in gran parte donne che vivono isolate in un contesto complesso, con scarse occasioni di socializzazione. Per lavorare meglio, trovo che sia fondamentale portare al Direttivo queste esigenze particolari della Scuola Donne, che di Alfabeti deve diventare un soggetto con un forte peso specifico».
Quante sono, al momento, le volontarie? E le allieve, sia pure in questa fase di sospensione delle lezioni?
«Le associate alla Scuola Donne sono 16, di cui 11 attive e quattro babysitter. Le allieve sono in media tra le 80 e le 100, anche se quest’anno per i noti motivi si sono ridotte. Eppure, in mezzo all’emergenza sanitaria e con l’obbligo di escludere la presenza dei bambini, mi pare un grande risultato il fatto che a ottobre ne avessimo iscritte 44, con 11 in lista di attesa! Sulla base di otto classi: quattro in pre A1, due in A1, una in A1+ e una in A2».
Come si fa, in questi mesi complicati, a non rompere il rapporto con le allieve e con il quartiere?
«In attesa di riprendere le lezioni, è fondamentale tirar su la saracinesca almeno per qualche ora la settimana. Per questo, nel rispetto delle normative anti Covid19, stiamo varando nella nostra sede di via Abbiati 4 una sorta di sportello S.O.S. per aiutare le donne del quartiere, per esempio a gestire le comunicazioni con gli insegnanti dei figli, oppure a leggere una ricetta medica o a compilare un modulo. Magari il giovedì mattina, quando escono di casa per il mercato di via Osoppo.
Io al mercato ci vado regolarmente e le incontro spesso. Dicono che sentono la nostra mancanza. E che hanno una gran voglia di tornare a scuola…».
Egle Santolini