Fare volontariato in una sola associazione in alcuni casi non basta: sono numerosi, infatti, i volontari di Alfabeti che donano con passione tempo ed energie anche ad altre realtà associative, com è il caso di Umberto, Elena e Laura, soci dell’associazione Sheb Sheb. Elena e Laura ci spiegano di cosa si tratta.
Cosa vuol dire Sheb Sheb?
Sheb sheb sono i tipici sandali egiziani che vengono prodotti artigianalmente nelle campagne. Il calzolaio inventa i propri modelli e poi quelli più di successo raggiungono la città. Con la migrazione, poi, queste scarpe sono arrivate anche a Milano.
Di cosa si occupa l’Associazione Sheb Sheb?
L’associazione si prefigge di utilizzare questo prodotto tipico per creare un collegamento tra l’Italia e l’Egitto attraverso una sorta di commercio equo-solidale: i modelli dei sandali vengono scelti e ordinati da calzolai che conosciamo personalmente e poi importati qua in Italia per essere rivenduti nei mercatini. La vendita diventa così da un lato un mezzo di conoscenza di un Egitto sconosciuto per gli italiani, e dall’altro la scoperta di un punto di riferimento per gli egiziani che vivono qui e quindi un’occasione di creare nuovi rapporti sociali per tutti.
Quando è nata l’associazione?
Nel 2009, in seguito a un’attenta analisi di usi, costumi e abitudini dei giovani migranti egiziani residenti a Milano, è nato il progetto Sheb Sheb: in quell’occasione si notò una carenza di rapporti interpersonali solidi (a dispetto dell’apparenza che vede i giovani egiziani spesso andare in giro in gruppo), una difficoltà nel gestire il proprio tempo libero, difficoltà lavorative, spesso legate ai circuiti di sfruttamento in cui cadono (soprattutto i più giovani e i neo-arrivati) e infine un difficile rapporto con la propria identità. Queste osservazioni sono state raccolte poi nell’opuscolo “Uno sguardo informale sugli Egiziani Milanesi”, una prima indagine a egiziani incontrati per strada sulla loro vita qui e sulle differenze con quella che facevano in Egitto. Un paio di anni dopo è sorta poi l’idea del commercio dei sandali, e nel 2011 si è così costituita l’associazione in senso formale.
Quanti siete e che caratteristiche comuni hanno i vari soci?
Attualmente i membri del consiglio direttivo sono 10: siamo tutti piuttosto giovani (circa 30-40 anni) e abbiamo tutti alle spalle esperienze lavorative e/o di volontariato con i migranti, in particolare nell’insegnamento dell’italiano L2 nelle Scuole Senza Permesso (Arcobaleno e, ovviamente, Alfabeti). Tre di noi parlano arabo, una lo studia con noi.
Come vi muovete sul territorio?
Le nostre azioni si svolgono in tutta Milano e provincia (per esempio, siamo presenti con i nostri sandali da un paio di anni alla fiera di Robecco sul Naviglio il 1 maggio). La vendita inoltre avviene anche su ordinazione e consegna porta a porta. Stiamo aggiornando l’indagine del 2009 e per questo abbiamo svolto numerose interviste in tutta Milano. Da ottobre abbiamo iniziato anche a offrire un corso di arabo (presso il circolo PD Pio La Torre in via Monreale) il venerdì sera, frequentato anche da egiziani di 2a generazione che non sanno scrivere l’arabo standard. Il sabato pomeriggio mettiamo a disposizione, negli stessi spazi, uno sportello di disbrigo pratiche amministrative per stranieri.
Le vostre iniziative sono davvero tante. Quali progetti avete per il futuro?
Continuando tutte le attività già in atto, intendiamo scrivere un documento con i risultati aggiornati delle indagini sugli egiziani a Milano. E poi c’è una storia che vogliamo raccontare: lo scorso ottobre alcuni di noi hanno partecipato a Lampedusa alla commemorazione della tragedia dell’anno scorso e ci stiamo organizzando per presentare il racconto di quella esperienza. Inoltre, abbiamo intenzione di operare sul fronte dei “Minori Stranieri Non Accompagnati”, cioè quei ragazzi tra i 15 e i 17 anni che hanno raggiunto l’Italia via mare o via terra ma comunque con viaggi difficili e spesso drammatici e che sono presenti a Milano in numeri enormi (circa 1000 ma il numero è sottostimato sicuramente). Affiancandoci alle Comunità Residenziali che li ospitano vorremmo occuparci degli aspetti formativi dall’alfabetizzazione al conseguimento della Licenza Media all’orientamento al lavoro.”