Carla, Luca e Valeria ci raccontano la storia di Alfabeti
Fa un certo effetto vederli tutti e tre insieme nella sede di via Abbiati e pensare che loro sono un po’ i “Padri Pellegrini” di Alfabeti: come quei coloni inglesi che, lasciando la vecchia Inghilterra, approdarono al Nuovo Mondo e fondarono la nuova nazione in quella che a loro appariva la Terra promessa. Magari la metafora è un po’ azzardata però, nel loro piccolo, Carla Castelli (50 anni, lavora in Regione), Luca Mor (52, ingegnere) e Valeria Demolli (77, psicologa) hanno dato davvero vita a un piccolo Nuovo Mondo. Era il 1995 e si ritrovarono in 5/6 persone a fondare l’associazione Alfabeti, nata da un gruppetto di iscritti al circolo di Rifondazione Comunista di piazzale Selinunte, nel quartiere di San Siro.
“C’eravamo resi conto”, spiega Carla, “che in quartiere cresceva la presenza di tanti stranieri e così abbiamo provato a fare un’attività extracircolo: noi avevamo conosciuto dei lavoratori, specie marocchini, che frequentavamo. Tra i nostri compagni c’era Igor Zucchini che svolgeva una forte attività antirazzista ed era tra i fondatori dell’associazione “Diversi ma insieme”, dove già si facevano dei corsi di italiano per stranieri. Così, insieme a lui, si è deciso di fondare una Scuola popolare di italiano per stranieri: il quartiere ne aveva molto bisogno”.
“Io”, ricorda Luca, “venivo già dall’esperienza di una scuola popolare e c’era l’esigenza di incontrare questi stranieri attraverso lo strumento della lingua. All’inizio stavamo nello scantinato di Rifondazione in via Paravia. Andammo a volantinare al mercato di via Osoppo per pubblicizzare la scuola e subito ci fu una grande risposta da parte degli immigrati. Grazie anche al passaparola tra di loro decidemmo di fare scuola due sere la settimana, dalle 20,30 alle 22,30. Non c’era molto spazio nello scantinato: tutti si affollavano in gruppi numerosi attorno a dei tavoloni. Gli insegnanti erano tutti volontari, ma nessuno aveva mai fatto della didattica”.
“Bisogna specificare”, chiarisce Valeria, “che venivano solo uomini: erano quasi tutti giovanotti, non c’erano donne perché allora non erano ancora iniziati i ricongiungimenti famigliari; le prime donne si sono viste alla fine degli Anni 90,e d erano quasi tutte parenti”.
“E’ stato qualche anno dopo”, spiega Carla, “che abbiamo fondato l’associazione: era l’estate del 1999 e volevamo dare una struttura più solida e avere riconoscimenti pubblici per farci finanziare dei progetti. Ricordo ancora la quantità di discussioni per pensare e stendere lo statuto: il progetto era che l’insegnamneto dell’italiano fosse anche una visione politica, sociale e solidale con una marcata sottolineatura antirazzista. Fu proprio durante quelle discussioni che qualcuno propose il nome di Alfabeti e mi piace ricordare che il nostro statuto è ancora in vigore oggi”.
“Io”, racconta Valeria, “ sono arrivata in quel periodo e ricordo che quando si allagò la sede nello scantinato di via Paravia fummo costretti a trasferirci al centro sociale Micene che ci ospitò, sempre qui a San Siro. Io approdai ad Alfabeti grazie a un amico; venivo dal Naga, un centro di medicina sociale che assisteva gli immigrati, però mi dissi: Prima di tutto la lingua!”.
“Intanto”, aggiunge Luca, “nasce sempre più forte l’esigenza di una nuova sede e così contattiamo l’Aler, ossia allora l’Istituto della case popolari, ed entriamo nella sede di via Maratta 3, sempre qui a San Siro: anche lì una cantina e anche lì altro allagamento. Però ci siamo rimasti un bel po’ di anni, vedendo aumentare sia i volontari che gli studenti immigrati”.
“Ma c’era anche un’altra esigenza che cominciava a nascere”, spiega Valeria, “e cioè quella di una scuola dedicata alle donne: il problema c’era stato fatto presente dall’assistente sanitaria del consultorio famigliare di via Paravia che constatava quotidianamente la difficoltà di comunicazione con queste donne, spesso mamme che non sapevano farsi capire per le malattie o le esigenze sanitarie loro e dei loro bambini. Cosi, nella primavera del 2002, insieme a Cristina, Loredana ed Elio, variamo i corsi mattutini di italiano solo per le donne. Ricordo che arrivarono in blocco 30 donne maghrebine accompagnate da Lucia, l’assistente sanitaria, e 10 se ne andarono via subito appena visto Elio! Però noi decidemmo di non mollare. Erano tutte nordafricane, pure di una certa età, e tutte da alfabetizzare. Alla fine il bello è stato che un gruppo di donne addirittura voleva solo Elio come insegnante! L’anno dopo vennero altre donne e da allora abbiamo continuato ed è nata la Scuola delle Donne. Il problema era ed è la presenza di tanti bambini: la media delle arabe è di tre piccoli a testa e tenerli in classe non è facile…”.
“Sì”, prosegue Carla, “abbiamo varato tutta una serie di progetti finanziati dagli enti locali, sia per coprire l’affitto della sede sia per pagare una babysitter che seguisse i bambini durante le lezioni alle madri; del resto facevamo già del doposcuola per i bambini della scuola di via Paravia. Poi, però, ci hanno tagliato i finanziamenti…”.
“Purtroppo”, aggiunge Luca che a lungo è stato anche il tesoriere dell’associazione, “il problema è che i finanziamenti coprono al massimo l’annualità, mentre noi dobbiamo dare continuità ai nostri progetti che così non hanno mai continuità. E poi, all’inizio, c’erano più fondi, poi, man mano, hanno tagliato tutto…”.
“Comunque”, aggiunge Valeria, “col nostro volontariato abbiamo contribuito anche alla biblioteca scolastica di via Paravia. Poi, dopo l’allagamento della sede di via Maratta, siamo di nuovo ospitati da Rifondazione nella sede di piazza Selinunte, ma chiediamo all’Aler una nuova sede e abbiamo la fortuna che, nel 2008, il Laboratorio di Quartiere, una realtà promossa dall’ente pubblico e che qui funziona molto bene, si trasferisce e libera i locali di via Abbiati, che in realtà sono due spazi commerciali gemelli, due negozi. E li abbiamo rimessi a posto a nostre spese…”.
Fortuna che l’Aler avrebbe scontato al 50% l’affitto che oggi ammonta a ben 9.000 euro l’anno per un solo spazio commerciale di 60 mq con cantina (l’altro spazio, per impossibilità economiche, è stato abbandonato). “Sì, conferma Carla, “avevamo bisogno di nuovi spazi perché nel tempo gli studenti sono aumentati tanto, considerando anche le mamme e i bambini della Scula delle Donne: purtroppo uno dei due negozi l’abbiamo dovuto lasciare perché non ci stavamo dentro coi soldi…”.
Vogliamo tracciare un bilancio di questi venti anni?
“Credo”, afferma convinta Carla, “che sia stato un lavoro utile, specie in un quartiere come questo che vede la presenza di molti immigrati. Ricordo ancora, quando siamo partiti con la scuola, i disturbi da parte dei fascisti presenti nel quartiere e le ronde dei leghisti…”.
“Vero”, aggiunge Valeria, “la sera tardi c’era timore a uscire dalla sede, tuttavia il nostro è sempre stato un punto di incontro per tutto il quartiere”.
“E’ stato un impegno anche faticoso”, confessa Luca, “ma che mi ha dato tanto. ”.
“Beh”, conclude Valeria, “il fatto che siamo ancora qui già dice tutto! Ho visto cambiare Alfabeti: un tempo eravamo solo puntati sull’insegnamento della lingua, ora ci sono più iniziative sociali. E il turnover dei volontari e di tanti studenti è in fondo fisiologico. Alfabeti è come un porto e io, dietro ai visi di coloro che approdano qui per imparare la nostra lingua, non posso fare a meno di vedere i volti degli scampati che approdano a Pozzallo…”.
Gianni